Premio Prato città aperta 2016

Quest’anno, per la prima volta, è stato organizzato, dall’Associazione 6 settembre di Figline di Prato, Premio letterario – giornalistico Prato città aperta, dedicato alla cultura migrante in Italia.

Quando, a gennaio, un’amica mi parlò della selezione, non ero proprio sicura se avrei partecipato o meno. Scrivere un racconto, in così poco tempo, non era così facile. Pur essendo l’amante della scrittura e avendo all spalle già un romanzo pubblicato in Serbia e uno in italiano attualmente in fase di valutazione della giuria regionale de La Giara, fino ad allora non avevo mai elaborato una forma breve.

Ero titubante e indecisa per diversi giorni. Alla mia momentanea insicurezza si era aggiunta anche l’ispirazione che non voleva proprio venire.  Iniziavo la frase ma la cancellavo subito dopo, insoddisfatta. Avevo sacrificato diversi paragrafi, morti ancor prima di nascere. La storia non si palesava davanti ai miei occhi fino all’ultimo giorno del concorso, quando pian piano, nella mia testa e nel mio cuore, non si delinearono i personaggi la cui storia avrei raccontato: Marco e Zaira. Dopo le varie cancellature vidi chiaramente il volto di Marina, la voce narrante, e quello di Mirko, un nonno fuori dal comune, che non poteva mancare all’appello.  In una giornata volata così in fretta, era nato il racconto “Sulle ali della libertà”, che riuscì a inviare giusto in tempo, qualche minuto prima della mezzanotte.

La premiazione si è tenuta a Prato, lo scorso 12 marzo. Il premio è stato vinto dalla cubana Yuleisy Cruz Lezcano. I miei migliori auguri alla vincitrice. Marco Del Bucchia Editore ha pubblicato l’antologia con i nove elaborati selezionati, tra cui anche il mio. La mia prima pubblicazione in italiano, che mi rende molto, molto felice. A nome di Marina, Mirko, Marco e Zaira, vi invito a leggere il racconto, qualora lo vorreste fare, s’intende. Per le ulteriori informazioni, riguardo al libro e a come ottenerlo, visitate il sito dell’editore.

La mia recensione del libro arriverà prossimamente.

Buone letture.

La guerra vista dagli occhi di una bambina

Gli anni passano però ricordi restano. Nessuno te li può strappare dal cuore. Ti accompagnano nella crescita, dall’infanzia all’adolescenza, fino all’età adulta. Sono sempre con te. Fanno parte di quel bagaglio ingombrante che porti appresso e che nascondi gelosamente nel baule della tua anima. Arriva però un giorno in cui i ricordi ti affiorano nella mente e ti viene naturale raccontare la storia. La storia di una bambina che racconta la guerra vista dai suoi occhi innocenti.

Sperando che possa piacervi, emozionarvi come ha emozionato me mentre lo scrivevo, condivido con voi il mio racconto “La guerra vista dagli occhi di una bambina”, pubblicato nel nuovo periodico dell’associazione culturale di Trento Gioco degli Specchi. 

Il link del racconto è questo. La foto che lo accompagna è di Federica Filippi, che ringrazio per la sua professionalità e bravura.

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Foto: Federica Filippi

Il virus balcanico – capitolo 3

Sono passate delle settimane da quando il mondo mi ha crollato addosso e il tempo si è fermato. L’orologio della vita ha arrestato le sue lancette nell’ora e nel minuto in cui si è rotto lo specchio, senza sapere che avremmo avuto, di conse­guenza, dieci anni di totale infelicità. All’orizzonte ancora nessuna traccia dell’orologiaio, quel samaritano buono che si fa chiamare pace. La palla anche que­sta volta è in mano dell’Occidente, l’Est come al solito perde ogni partita di quel derby centenario Vaticano – Bisanzio. Sento che la mia anima è come se si fosse svuotata. Ogni fonte della speranza e della pace si è disseccata lasciando lo spa­zio a Sahara, quel deserto di un altra distrutta gioventù serba.

“Cara Sonia, siamo tutti molto preoccupati per te. Lo so, non è un periodo fa­cile, quello che stai vivendo, però sei sempre stata una ragazza forte. Eri il punto di riferimento non solo per me ma per tutti quanti noi. Proprio per questo non capisco questo tuo comportamento. Ti sei chiusa in te stessa e non ti lasci avvicinare da nessuno. Ma dove è sparita quella bambina che giocava con me, mi tirava per i ca­pelli e mi rubava le caramelle che adoravamo entrambi?E dove si è nascosta la ragazza che scappava da scuola insieme a me e mi consolava quando ci capita­va di avere qualche brutto voto di matematica che odiavamo? Non la trovo. Da giorni la sto cercando inutilmente nei corridoi di un grattacielo, in un ascensore in cui ci siamo bloccati mille volte. Mi piacerebbe tanto trovarla. Se la vedi, fammelo sapere. Conosci il mio numero. Magari potresti anche fare due passi e bussare alla mia porta. Da tanto tempo non c’è nessuno a leggermi il fondo della tazza di caffè. Non essere testarda. Il tuo sincero vicino di casa e miglior amico, Zvon­ko.”

Ho trovato stamattina sul comodino la lettera di Zvonko. Strano, non ha mai scritto nulla nella sua vita, tanto-meno una lettera del genere.  Se si trattasse di Nicola, avrei potuto anche capire, ma così sono esterrefatta. Nicola scrive o al­meno cerca di farlo perché ha un grande sogno. Vorrebbe essere un giornalista da grande. Però Zvonko non ha mai avuto un impulso della scrittura il ché mi confonde ora. Chissà, magari non ha scritto la lettera da solo. Mi ha poi sempre preso in giro per la mia passione per la scrittura dicendomi che quel mestiere non faceva per un anticristo come me. Devo, però, ammettere che la sua lettera mi ha fatto riflettere. Ha ragione lui, ho esagerato questa volta. Non è colpa dei miei amici per tutto quello che ci sta succedendo. Dovrei usare tutta la mia rabbia contro Maresciallo però purtroppo lui mi è irraggiungibile. Io per lui sono sol­tanto un pesciolino insignificante che vive fuori delle sue acque territoriali.

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Il virus balcanico – capitolo 2

L’incendio è domato. Sento l’odore di bruciato che pare mi arrivasse fino alle narici anche se lo so perfettamente che tutto è parte della mia immaginazione ma è così che mi sento io. È come se tutto quello che avevo, la mia famiglia, i miei affetti, una metà di me stessa, si sia impolverato in quell’incendio che fu provoca­to dalla decisione di mio fratello gemello. Lo guardo mentre sta facendo la vali­gia e mi chiedo perché, perché di questa sua scelta. Gli ho offerto il mio aiuto per fare i bagagli ma dice di non volerlo. È troppo orgoglioso, proprio come lo sono io. Sono addolorata ma non ci posso fare nulla. Ormai è tardi. Sta per parti­re ed io non riesco a fare nulla per impedirglielo. D’improvviso sento il campanel­lo. Chiunque sia potrebbe essere la mia salvezza.

“Ciao Sonia. Posso entrare?”

“Ciao Zvonko. Entra.” Ho proprio bisogno di una faccia amica in questo mo­mento.

“Ciao. Sono venuto a prendere Darko. Devo portarlo in stazione.” Dice Zvonko non pensando che con le sue parole mi avrebbe ferito e pure profonda­mente.

“Che dici? Ma sei impazzito!Sei uguale a lui, anzi sei peggio!” Ma è possibile  che anche il mio miglior amico sia un traditore?

“Sonia, tranquillizzati.” Mi abbraccia. “Non è un momento facile neanche per  me. Ma Darko ormai ha preso una decisione e non possiamo fare altro che ri­spettarla, anche se ci costa molto.” Dobbiamo rispettare la sua scelta. Non pos­so. È una decisione che mi rattrista molto, che rattrista mia madre ma a loro due sembra che non importi più di tanto.

“Non posso tranquillizzarmi! Ti rendi conto che stai per accompagnare mio fratello in stazione da dove partirà per chissà dove? E in nome di che cosa? Di una guerra assurda! Tu sei pazzo, entrambi siete matti! Per favore non portarlo via!” Gli dico urlando.

Zvonko mi guarda impotente per farmi intendere che non può esaudire la mia richiesta. Non gli porto rancore anche se per colpa sua e di mio fratello sto tanto male. So che il loro legame è troppo grande, indissolubile per poterlo sciogliere e neanche il mio dolore ha il potere di fargli convincere dell’assurdità di questa partenza così insensata.

“Ciao. Sono pronto. Grazie per il passaggio fino alla stazione.” Darko rientra nel soggiorno. Si gira verso di me.

“Sonia, è arrivata l’ora di salutarci.” Prova ad abbracciarmi ma io mi giro di scatto.

“Vattene! Va’ a salutare Arkan!Va’ via, non sei altro che un insensibile!” Corro via nella mia stanza e mi chiudo a chiave.

“Sonia ti prego! Torna in sé! Ti comporti come una bambina!Apri ‘sta porta per piacere!” Bussa alla porta urlando ma si sbaglia se pensa che uscirò.

“Va via, vattene!” Non riesco a smettere di urlare.

“Va bene. Se vuoi che me ne vada senza salutarci, io me ne andrò. Ti scriverò e tu se vorrai potrai rispondermi. Andiamo Zvonko, non vorrei perdere l’auto­bus.”

“Non vuoi salutare i tuoi?” Gli domanda il mio miglior amico e il nostro vicino di casa.

“Ho provato ma hai visto il risultato. Papà non mi ha voluto neanche parlare. Mamma si è chiusa nella stanza e piange. E Sonia, te ne sei reso anche tu della situazione. Andiamo. Se resto qualche minuto in più ho paura che cambierò idea.” Da’ un ultimo sguardo all’appartamento in cui ha vissuto da anni, da quando si erano trasferiti, apre la porta e se ne va sospirando.

Non andartene, pensai, ma quando ho aperto la porta e l’ho chiamato per nome, era già troppo tardi. Se ne era andato, eppure per sempre, e io scema non ho fatto nulla, nemmeno l’ho abbracciato. Lo so, mi pentirò per tutta la vita per aver fatto un gesto così orribile. Non gli ho dato la possibilità di dirmi addio. E perché? Per rabbia o per orgoglio o nessuno dei due? La verità è che mi è man­cato il coraggio. Da presuntuosa ho pensato che sarei riuscita a fargli cambiare idea ma mi sbagliavo. Non mi resta che sperare che non gli succeda nulla di brutto in questa avventura balcanica e che torni presto a casa. Finché questo mio sogno non si realizzi, potrò ricordarlo chiudendo gli occhi, scappando come sem­pre dalla realtà.

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Il virus balcanico – capitolo 1

Esiste un modo ideale per iniziare a raccontare la storia della propria vita e non farla sembrare banale nello stesso tempo, banale e simile a tante altre? Il vecchio cliché di una storia felice che avrei potuto scrivere quando ero più gio­vane non fa ormai per me. Lo so, ce ne saranno mille di storie molto più interes­santi di quella che parla di un vulcano da qualche parte nel cuore dei Balcani esploso un giorno spargendo al posto della lava il sangue di tanta gente innocen­te che non se lo meritava. Un vulcano tanto potente, tanto forte che influenzò le scelte di molti, me inclusa, tutti quanti noi che per vivere abbiamo fatto un giorno le valigie raggiungendo qualunque parte del mondo in cerca di un futuro migliore, in cerca di un antidoto a quel virus balcanico da cui erano ammalati non solo i nostri politici. Purtroppo, nessuno ha ancora trovato quella cura ma ormai, a che cosa servirebbe? A farmi fare un passo indietro?

Stamattina ho trovato una vecchia scatola piena di lettere, di ricordi di mia gioventù, di quel passato che ci dava molto e toglieva tanto nello stesso tempo. Mi sembrava di aver sentito lo stesso brivido come in quella mattinata primave­rile dell’ormai lontano 1999 in cui chiamai Giuliana con quella voce tremante e le dissi semplicemente: “Aspettami all’aeroporto, arrivo a… ” Ho l’impressione che il passato si stia prendendo il gioco di me, ma lo affronterò con coraggio come sempre. Mi aspetta l’ennesima battaglia contro il passato che intendo vincere perché la vita è unica, non ce ne saranno delle altre, e bisogna viverla fino a fon­do come giustamente diceva mia nonna. Una vita che dura poco e bisogna ap­profittare di ogni suo instante.

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LA CITTADINA DEL MONDO

Per la fine del progetto 60 storie, sono passata dall’intervistatrice al ruolo di protagonista. Questa sono io…

60 storie

Ciao, puoi presentarti?OLYMPUS DIGITAL CAMERAMi chiamo Emina Ristović. Ho 34 anni. Vengo da Kraljevo ma da 14 anni vivo in Trentino, salvo i periodi in cui studiavo in due diverse regioni italiane, il Friuli, e l’Emilia Romagna e all’estero. Sono laureata in Scienze Diplomatiche, e ho un master in studi Est – Europei, ma grazie a una passione per la scrittura, coltivata sin dall’infanzia, mi sono trovata a fare la giornalista. O come spesso scherzando dico è stato il giornalismo a trovare me.Quando hai iniziato a collaborare con ATB e in che cosa consisteva la collaborazione?Ho iniziato a collaborare con ATB ad ottobre 2012 in qualità di volontaria. La vita a volte è strana. Mi aveva portato su una strada molto diversa da quella che pensavo di percorrere una volta terminati gli studi. Da anni mi ero dedicata soltanto al giornalismo e alla scrittura. In collaborazione con ATB vedevo…

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